Avvocato e Società di Capitali



 
Raccogliere risorse sul mercato. Gli avvocati italiani e la concorrenza delle law firm.

Il no dell’avvocatura alle liberalizzazioni è tutt’altro che unanime. Allo “studio legale azienda”, per esempio, alcuni avvocati dicono sì. Proprio mentre in Inghilterra una ricerca della societá di consulenza Europa Partners rileva che sei studi d’affari (Allen&Overy, Freshfields Bruckhaus Deringer, Linklaters, Clifford Chance, Hogan Lovalls e Dla Piper) avrebbero la capitalizzazione necessaria per entrare nell’ FTSE100, l’indice azionario delle 100 società più capitalizzate del London Stock Exchange, alcuni avvocati d’affari fondatori di strutture che ricalcano il modello aziendale si dicono disponibili alla rivoluzione suggerita a novembre dalla “legge di stabilità” (Legge n. 183/ 2011), con la proposta di aprire al mercato le società dei professionisti, rendendo più trasparente e competitivo il mercato dei servizi legali.
«Sono anni che insisto perché sia permesso alle law firm italiane di aprirsi al capitale», afferma Mario Tonucci, avvocato romano fondatore di Tonucci & Partners, lo studio che, fra le altre cose, nel 2011 ha assistito la cordata americana di Thomas DiBenedetto che ha acquistato il 60% dell’AS Roma.
 
LA FORMA SOCIETARIA È UN’OPPORTUNITÀ.«È illusorio resistere alla concorrenza delle multinazionali del diritto, ricorrendo al credito bancario, nel caso vi sia necessitá di investimenti urgenti come l’apertura di nuove sedi, il ricorso a tecnologia innovativa e il recruitment delle migliori risorse sul mercato».
Secondo Tonucci dunque, le law firm italiane devono operare in termini di investimento e sviluppo come le società di capitali, una forma societaria che l’avvocato considera un’ opportunità di sviluppo e di innovazione della professione, a condizione che il rapporto di fiducia tra il professionista e il cliente resti intoccato.
«La presenza nel capitale sociale di soci finanziari anche non professionisti permetterebbe a chiunque creda nella profittabilità, anche certificata da societá  di revisione, di investire nel settore legale che ogni anno raggiunge numeri di fatturato sempre più rilevanti», aggiunge Tonucci, che guida una struttura che conta circa 110 avvocati con un giro d’affari di 24 milioni.
 
CONCORRENZA SEMPRE PIÙ FORTE SU TARIFFE. Fatturati interessanti, messi tuttavia sotto pressione dal costante aumento della competitivitá nel settore, che sta portando gli studi italiani a seguire le law firm internazionali nell’offerta di parcelle con success fee e sconti sui volumi. Al traino di quanto successo nel mercato anglosassone giá da qualche anno.
«Anche gli studi italiani devono adeguarsi, offrendo una vasta gamma di servizi a prezzi e qualità assolutamente concorrenziali. Se non si è al passo con i tempi, si rischia di perdere fette importanti di mercato», conclude Tonucci.
A cui fa eco Giuseppe La Scala, senior partner dello studio legale La Scala, struttura che conta 60 professionisti e ha un giro d’affari di circa 11,5 milioni.
«Gli studi di una certa dimensione sono sempre più strutturati come imprese e devono dunque fare i conti, in una fase di margini decrescenti, con il problema della loro patrimonializzazione e finanziamento», commenta l’avvocato, che tuttavia non crede che un fondo di private equity o un venture capitalist possano essere interessati, in Italia, a investire a scopo di investimento in studi legali che sono ancora di dimensioni modeste.

BANCHE E ASSICURAZIONI INTERESSATE A ESTERNALIZZARE. «Vedo viceversa grandi clienti, ad esempio bancari o assicurativi, magari interessati a promuovere la crescita di studi ai quali offrire la loro partecipazione, anche allo scopo di governare meglio per esempio  l’esternalizzazione della loro funzione legale in strutture maggiormente legate. Questo può creare problemi nuovi, ma anche opportunità», aggiunge La Scala.
Opportunità che nel Regno Unito, unico Paese oltre l’Australia dove a breve sarà permesso l’intreccio tra l’universo professionale e quello del business, sembrano intanto fare gola alla maggior parte degli studi.
In Inghilterra è infatti in corso di implementazione il Legal Services Act, normativa che punta a liberalizzare il mercato legale inglese, un comparto in grado di generare ricavi per oltre 23 miliardi di steline l’anno, attraverso la conversione degli studi legali in alternative business structure (ABS).
Una conversione per la quale oltre 130 studi di ogni dimensione hanno già chiesto l’autorizzazione.
Tratto da economiaweb.it