Avvocati, illegittimo il box pubblicitario dello studio sul quotidiano

Se è vero che la legge (Dl 223/2006) ha sdoganato la pubblicità da parte degli avvocati, il Consiglio dell’ordine può sempre fare una valutazione sull’adeguatezza delle modalità concretamente utilizzate per la promozione dello studio rispetto ai principi di decoro e dignità della professione. Bocciato, dunque, il box pubblicitario, pubblicato sul giornale ‘City’ di Milano, con cui uno studio legale si faceva pubblicità.

A non convincere prima il Consiglio dell’ordine e poi il Cnf, che ha però derubricato la sanzione da sospensione dell’attività per due mesi ad “avvertimento”, l’aver utilizzato degli slogan per descrivere l’attività professionale, predisposto una grafica tale da porre enfasi sul dato economico e contenente “dati equivoci, suggestivi ed eccedenti il carattere informativo”. Non solo, “il messaggio integrava modalità attrattiva della clientela con mezzi suggestivi” e risultava dunque incompatibile con la “dignità ed il decoro professionale, per la marcata natura commerciale dell’informativa sui costi molto bassi”.

I giudici, sentenza 19705/2012, però hanno anche chiarito che manca una tipizzazione delle condotte sanzionabili per cui spetta agli organi disciplinari il “compito di individuazione delle condotte sanzionabili” e che “non può ammettersi una sostituzione da parte del giudice di legittimità, consistente nella riformulazione o ridefinizione di tali condotte”. Alla Cassazione dunque solo un giudizio sulla ragionevolezza della “concretizzazione “ della fattispecie rispetto al principio generale.

Tuttavia, la Suprema corte ha comunque accolto il ricorso di tre dei quattro avvocati per incompetenza territoriale dell’ordine di Monza in quanto i professionisti erano iscritti all’ordine di Milano. Respinto invece il ricorso del legale iscritto a Monza.

Secondo la Cassazione infatti nei procedimenti disciplinari contro gli avvocati non è possibile procedere  all’applicazione di norme relative al processo civile, “in tema di modifica della competenza per ragioni di connessione, ed a maggior ragione di norme del processo penale, in assenza di un qualunque rinvio operato dalle norme specifiche che trattano della competenza nel procedimento disciplinare contro un avocato”.

“Ciò comporta – prosegue la Cassazione – che anche in sede di giudizio disciplinare, allorché l’illecito è commesso con l’uso della stampa, la competenza per territorio va determinata con riferimento al luogo di perfezionamento dell’illecito e cioè a quello della prima diffusione, che coincide generalmente con il luogo della stampa (poiché lì si è perfezionato l’illecito). Che poi una copia dello stampato possa pervenire in altro luogo del territorio nazionale, ciò non modifica la competenza disciplinare per territorio, già radicatasi in relazione al luogo di consumazione dell’illecito”.

Tratto da: diritto24.ilsole24ore